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ELETTROBIOLOGIA: GLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI EMETTONO INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO?

ELETTROBIOLOGIA: GLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI EMETTONO INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO?

UNA DOMANDA CHE CI VIENE RIVOLTA SEMPRE PIU' SPESSO

 Molte persone sensibili al problema dell'elettrosmog si chiedono  prima di farli installare sulla propria casa se gli impianti di pannelli fotovoltaici possono dare problemi di emissioni elettromagnetiche nocive.

Prima di rispondere crediamo sia opportuno specificare di cosa si sta parlando e descrivere, con l'aiuto dei tecnici dell'associazione PAEA di Reggio Emilia, cos'è e di cosa si compone un impianto fotovoltaico.

SCHEDA TECNICA DI UN IMPIANTO  A PANNELLI  PER SOLARE TERMICO

SCHEDA TECNICA DI UN IMPIANTO  A PANNELLI SOLARI PER  FOTOVOLTAICO





a cura dell'ASSOCIAZIONE PAEA PROGETTI ALTERNATIVI PER L’ENERGIA E L’AMBIENTE sito web: www.paea.it

Cos’è un impianto fotovoltaico?
Un impianto fotovoltaico è un impianto che sfrutta l'energia solare per produrre energia elettrica sfruttando l’effetto fotovoltaico.



I suoi Componenti sono:

Generatore è la parte in cui avviene la produzione dell’energia elettrica. La componente più piccola è la cella fotovoltaica costituita da una sottile fetta di un materiale semiconduttore (nel 90% dei casi silicio cristallino) opportunamente trattato. In essa avviene la conversione della radiazione solare in corrente elettrica. Più celle insieme costituiscono un modulo e più moduli assemblati assieme costituiscono il pannello fotovoltaico. Più pannelli collegati formano il generatore.

INVERTER
Trasforma la corrente continua prodotta dal generatore in corrente alternata utilizzabile all’interno dell’abitazione

Batterie Se l’impianto si trova in prossimità della rete elettrica non conviene utilizzare batterie. Sarà la rete stessa a fungere da accumulo, consentendo di immettere al suo interno l’energia in eccesso e prelevare nei momenti in cui il consumo supera la produzione. La connessione alla rete è anche condizione necessaria per avere accesso al conto energia.

Contatori Misurano la produzione dell’impianto, l’energia immessa e quella prelevata dalla rete.

Il dimensionamento di un impianto fotovoltaico
Non è necessario che chi ha un contatore da 3 kW installi un impianto fotovoltaico da 3 kW di picco. Per utenze domestiche il massimo della convenienza è dimensionare l’impianto in base ai propri consumi, esaminando le bollette degli anni precedenti. Questo consente ottenere un rimborso della bolletta usufruendo del contratto di scambio sul posto (continuando a pagarla normalmente) e di percepire la tariffa incentivante per tutta l’energia prodotta.

Conoscendo il proprio consumo annuo in kWh, approssimando per il nord Italia una produzione di circa 1100-1200 kWh per ogni kW di picco dell’impianto, è possibile calcolare la potenza dell’impianto da installare. E conoscendo questa, il costo dell’impianto (calcolando 6000-7000 €/kWp) e la superficie di tetto necessaria (circa 8-9 metri quadri per ogni kWp).

Il rendimento massimo si ha con i panelli inclinati di 30° e rivolti a sud ma scostamenti verso sudest e sud-ovest, così come inclinazioni tra i 20° e i 40° non causano gravi perdite di rendimento, e possono essere compensati da lievi aumenti della superficie, evitando anche problemi di impatto visivo.

Durata
Solitamente i pannelli vengono garantiti per 25 anni all’85% del rendimento nominale. La grandine non crea problemi, salvo grandinate particolarmente violente (in grado di rompere tegole). È comunque possibile (e consigliato) assicurare i pannelli. Una volta giunti a fine vita i pannelli potranno essere riciclati. A questo scopo è recentemente nata PV-CYCLE un'associazione di imprese del settore (www.pvcycle.org oppure consorzio COBAT). Per l’inverter si calcola la sostituzione mediamente dopo una decina di anni di funzionamento.


Manutenzione L’impianto non necessita di particolari manutenzioni.  



Nuove tecnologie La ricerca di settore sta tentando di abbattere i costi mantenendo efficienze elevate. Molto interessanti da questo punto di vista sono i moduli a film-sottile costituiti da sottilissimi strati di semiconduttore (fino a un centesimo delle celle in silicio cristallino). In particolare ottimi risultati vengono da celle CdTe (tellururo di cadmio), CIS (diseleniuro di indio e rame), CIGS (diseleniuro di indio, rame e gallio) già disponibili sul mercato. Le uniche incertezze riguardano il comportamento nel tempo di queste celle, non essendo ovviamente ancora disponibili studi di lunga durata.


Ma il fotovoltaico è ad emissioni zero?

La tecnologia fotovoltaica oggi è sicuramente quella che incuriosisce ed affascina maggiormente per la sua capacità di produrre energia elettrica sfruttando il sole, la fonte energetica che ci appare ogni giorno come inesauribile e pulita. Allo stesso tempo sono però numerosi anche i detrattori. Questi puntano il dito sui costi alti (circa 6-7000 € per ogni kW di picco installato per impianti domestici), sui rendimenti bassi (max 15-16% per moduli più efficienti in silicio monocristallino) e soprattutto sugli elevati costi energetici per la produzione.

Proprio su quest’ultimo punto la confusione è tanta, e c’è chi arriva a dire che sia più l’energia necessaria a produrre un modulo fotovoltaico di quella che questo potrà mai produrre nel corso della sua vita.

Sono stati eseguiti a questo proposito molti studi, basati sul metodo LCA (Life Cicle Assessment), che analizza l’intero ciclo di vita del pannello, dal reperimento e trasporto delle materie prime fino al prodotto finito. Uno dei più recenti, condotto dall’istituto olandese per l’innovazione e lo sviluppo sostenibile, stima che per produrre 1 metro quadrato di pannello monocristallino occorrano circa 5.200 MJ di energia primaria. La stessa quantità di energia viene prodotta dal pannello monocristallino in 4,6 anni se collocato nel centro Europa, mentre solo 2,7 anni al sud. È quindi vero che il costo energetico per la produzione è elevato, ma certamente calcolando almeno 25-30 anni di vita per i pannelli ampiamente recuperabile. Allo stesso modo è vero che la produzione dei pannelli è fonte di emissioni di CO2. Però considerando tutto il ciclo di vita si può stimare un’emissione di CO2 di 45 grammi per kWh prodotto, che quindi non è nulla ma è sicuramente molto inferiore ai 400 gr/kWh di una centrale turbogas a ciclo combinato o ai 1000 gr/kWh di una centrale a carbone.

Riciclaggio dei pannelli fotovoltaici: alle notizie sempre più incoraggianti sulla diffusione del fotovoltaico in Italia e nel mondo, c'è qualcuno che comincia giustamente a chiedersi che fine faranno i pannelli a fine vita: sarà possibile riciclarli? Finiranno in discarica? Saranno da considerare rifiuti speciali?


 Riciclare correttamente i pannelli non è solo importante per la tutela dell'ambiente ma considerata la presenza di materiali di elevato valore economico nei pannelli può risultare economicamente vantaggioso. Per quanto riguarda i pannelli in silicio cristallino (ad oggi circa il 90% del mercato) inizialmente il processo di riciclaggio consisteva nel recupero delle celle intere dai vecchi moduli, il loro riprocessamento e l'inserimento in nuovi moduli, il tutto senza apprezzabili perdite di efficienza. Oggi con il progressivo assottigliamento delle celle tuttavia diventa sempre più difficile recuperarle intatte e in futuro si punterà quindi a recuperare separatamente, mediante decomposizione termica, il silicio, il vetro e metalli con un grado di purezza sufficiente a consentirne il riutilizzo. Dal 2007 in Europa è attivo il consorzio PV CYCLE (www.pvcycle.org), di cui fa parte più del 70% dell'industria fotovoltaica Europea, che sta sviluppando un programma volontario di recupero e riciclaggio dei rifiuti di pannelli fotovoltaici giunti al termine del loro ciclo di vita, che punta a raccogliere almeno il 65% dei moduli installati in europa dopo il 1990, riciclandone l'85% dei materiali.

Ora che conosciamo i componenti dell'impianto fotovoltaico e le loro caratteristiche di funzionamento possiamo occuparci della domanda specifica che ci riguarda come esperti della prevenzione dei problemi dovuti ai campi elettromagnetici:

GLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI EMETTONO INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO?

Per quanto riguarda le emissioni di campi elettromagnetici fino all'inverter gli impianti fotovoltaici non presentano problemi poiché i pannelli, con eventualmente un regolatore e degli accumulatori, funzionano in corrente continua ed emettono campi magnetici statici, del tutto simili al campo magnetico terrestre, ma centinaia di volte più deboli di questo.

L'inverter, che trasforma la corrente continua in corrente alternata a 220 Volt utilizzabile dai normali elettrodomestici o immessa nella rete di distribuzione, contenendo al suo interno un trasformatore emette campi magnetici a bassa frequenza. Questi campi sono di una certa potenza, ma calano molto rapidamente con la distanza.

Le potenze tipiche di un inverter per impianto domestico vanno dai 6 KW per sistemi monofase ai 20 KW per sistemi trifase. La maggior parte degli impianti domestici sono del primo tipo e, per motivi di costo, le potenze effettivamente installate sono di solito minori, con valori tipici intorno a 2000 watt, cioè la potenza di un grosso elettrodomestico.

Un inverter emette campi elettrici e magnetici soprattutto perché contiene un trasformatore. Un trasformatore di questa potenza genera campi confrontabili con quelli emessi da un grosso motore elettrico, come per esempio quello di una lavatrice.

A due metri dall'apparecchio i campi sono del tutto analoghi a quelli normalmente presenti in casa.
Rispetto al campo magnetico alternato a 50 Hz, per rimanere sotto la soglia adottata dall'Istituto GEA di 0,05 microTesla (per le abitazioni) devono distare dalle teste delle persone almeno 3 metri. Basta utilizzare l'accortezza di disporre l'inverter in una posizione periferica della casa dove la sua distanza dalle persone che vi abitano sia uguale o superiore a tre metri per non avere problemi. Un'altra possibilità è quella di schermare l'inverter con uno dei lamierini di speciali leghe metalliche prodotti per la schermatura del campo magnetico a 50 Hz.

A valle dell'inverter la corrente è una normale corrente a 220 Volt e ci si comporterà quindi come con i cavi dell'impianto elettrico domestico, tenendosi ad almeno 30 - 50 cm di distanza ed evitando che passino dietro la testa di chi dorme.





Commenti

  1. Ciao sto facendo una tesi di laurea sul fotovoltaico, riusciresti a mettermi il link dell’istituto olandese per l’innovazione e lo sviluppo sostenibile di cui parli nel tuo blog ?
    Grazie in anticipo

    RispondiElimina

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